Legge regionale 21 febbraio 2017, n. 6 (BUR n. 21/2017) (Novellazione)
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Legge di novellazione: vedi modifiche apportate alla
legge regionale 23 aprile 1990, n.
32 .
L’articolo 1, comma 1, della
legge regionale 21 febbraio 2017, n. 6
-che ha modificato l’articolo 8 della legge regionale n.32 del 1990
introducendo al comma 4 la lettera b)- è stato impugnato dal Governo
innanzi alla Corte Costituzionale con ricorso n. 37/2017 (G.U. - 1ª
Serie Speciale n.22/2017). Il Governo ritiene che il criterio di
precedenza fissato alla predetta lettera b) della norma regionale sia
incostituzionale per violazione delle seguenti norme: a) art. 3 della
Costituzione, con riferimento sia al principio di uguaglianza sia a
quello di ragionevolezza; b) art. 31, secondo comma, della Costituzione,
in quanto la norma censurata frustrerebbe il valore costituzionale della
tutela dell’infanzia; c) artt. 16 e 120, primo comma, della
Costituzione, in quanto la norma impugnata ostacolerebbe la libertà
di circolazione; d) art. 117, primo comma, della Costituzione, in quanto
la norma censurata violerebbe l’art. 21 del Trattato sul
funzionamento dell’Unione europea (TFUE), in materia di
libertà di circolazione; l’art. 24 della direttiva 2004/38/CE
del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa al
diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare
e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri;
l’art. 11, paragrafo 1, lettere d) e f), della direttiva
2003/109/CE del Consiglio, del 25 novembre 2003, relativa allo status dei
cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo. La
Corte Costituzionale con la sentenza n.107 /2018 ha dichiarato la
illegittimità costituzionale della previsione di cui al novellato
art.8, comma 4, lettera b) della
legge regionale n. 32/1990 ritenendo le
eccezioni sollevate dal Governo per la maggior parte fondate o, comunque
assorbite e rilevando sostanzialmente che “... la norma impugnata,
benché non disciplini un requisito di accesso, fissa un titolo di
precedenza a favore di un’ampia categoria di persone e produce
così effetti sostanzialmente escludenti dei soggetti non radicati in
Veneto da almeno quindici anni (data la notoria scarsità di asili
nido pubblici), essendo dunque paragonabile alle norme che considerano la
residenza prolungata come requisito di accesso...” Con riferimento
alle specifiche eccezioni sollevate, la Corte rileva che la previsione
regionale incide: sia sul principio di uguaglianza; sia sul principio di
ragionevolezza, in ordine alla coerenza ed adeguatezza della norma
impugnata a fronteggiare le situazioni di bisogno o di disagio, che
costituiscono il presupposto principale di fruibilità delle
provvidenze in questione; sia in ordine al fatto che una normativa che
svantaggia taluni cittadini di uno Stato membro per il solo fatto che
essi hanno esercitato la loro libertà di circolare e di soggiornare
in un altro Stato membro, costituisce una restrizione alle libertà
riconosciute dall’art. 21, n. 1, TFUE ad ogni cittadino
dell’Unione e che una simile restrizione può essere
giustificata, con riferimento al diritto dell’Unione, solo se
è basata su considerazioni oggettive indipendenti dalla cittadinanza
delle persone interessate ed è proporzionata allo scopo
legittimamente perseguito dalla norma; sia con riferimento all’art.
31, secondo comma, della Costituzione, in base al quale la Repubblica
protegge la maternità, l’infanzia e la gioventù,
favorendo gli istituti necessari a tale scopo in quanto la norma
impugnata fissa un titolo di precedenza, che non incide sul quantum e sul
quomodo del servizio degli asili nido ma distorce la funzione, ed è
indirizzata non allo scopo di tutelare le famiglie che ne hanno bisogno
ma a quello di privilegiare chi è radicato in Veneto da lungo tempo.